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ANATOMY OF COUTURE: le regole del delitto fashion perfetto.

Gennaio 2002, Pierpaolo Piccioli presenta la Primavera/Estate Haute Couture di Valentino a Place Vendome sulle musiche avvolgenti e terrificanti di Anohini (artista britannica transgender), e compie quello che per me è un atto rivoluzionario.

L’innovatrice forza del direttore artistico riesce a far camminare l’esigenza di esprimere il concetto che “il Fashion è arte, è l’ espressione dell’arte in una veste democratica.

Questo atto sovversivo è ancor più destabilizzante perché  viene attuato mediante  abiti di alta moda, quindi non destinati alla produzione in serie e che non devono sottostare (almeno in parte) alle logiche di mercato.

Dove è l’atto rivoluzionario?

L’atto rivoluzionario sta nel Casting a cui ci troviamo di fronte, un insieme  multiforme come non mai  senza però cadere in atteggiamenti di tipo ipocrita riscontrabili sovente nella politica tanto in voga del “Body Positive” che va di pari passo con il “Green Washing” ormai inflazionato e forse, oltre che fasullo,anche un po’ becero.

Teniamo presente che si tratta di una sfilata di Haute Couture, dove ogni abito richiede ore di lavoro sartoriale il cui fine non è arrivare nelle boutique o indosso alle persone, in ciò Pierpaolo Piccioli è geniale: non si ferma al mero manierismo di chi disegna la gonna più gonfia, ma va nettamente aldilà perché sceglie modelle e modelli di età, etnie, corporature differenti tali da scardinare le regole dello stereotipo e cuce letteralmente su di ognuno l’abito che indosseranno, facendo un vero e proprio lavoro di “ricerca anatomica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oltre il Bello ed il Brutto. Finalmente.

Il risultato è emozionante, travolgente e personalmente davanti al video di Youtube della sfilata ho percepito un messaggio potente, e tremendamente innovativo: andiamo oltre il concetto del Bello e del Brutto ed utilizziamo il fashion per veicolare altro.

In anni in cui è di tendenza l’armocromia, l’etichettare i corpi in base alla loro forma, trovo “Anatomy of Couture” l’urlo filosofico che riabilita il sistema moda a mezzo comunicativo e politico.

 

Il fashion. L’arte più democratica.

Può sembrare contraddittorio definire  il Fashion come “forma espressiva democratica”  in relazione a capi “pret-a-porter” o a maison i cui capi possono permettersi solo un elitè della popolazione, ma se ci fermiamo a riflettere oltre la logica della Moda intesa solo come qualcosa di frivolo e “da donnette” ed allarghiamo la nostra veduta  al Costume in senso ampio, non è possibile negare che con gli abiti, gli accessori, e con tutto ciò che si indossa (che siano divise, uniformi o look studiati…) abbiamo a che fare tutti i giorni.

Annientare il concetto del bello/brutto, del in-palette/non-in-palette significa utilizzare tutto ciò che possiamo indossare (aldilà del suo mero costo in denaro) come veicolo di rappresentazione di uno stato d’animo perché ogni volta che ci vestiamo stiamo consciamente o meno dando voce al nostro io interiore.

L’arte in generale non è democratica: non posso essere un buon pittore, cantante, ballerino se non ho quel determinato talento e se non ho sviluppato quelle specifiche abilità, mentre chiunque ogni giorno può scegliere di esaltare o minimizzare un determinato momento dell’io attraverso quello che indossa.

Oltre ad essere notevolmente terapeutico nell’accettazione della propria persona, il messaggio che ho percepito in “Anatomy of Couture” è stato un liberatorio spogliarsi delle etichette e stupidità (considerate quasi ovvie, purtroppo) secondo cui, un fisico può permettersi o meno un abito, in quanto non siamo noi a doverci piegare all’abito, ma è l’abito che deve essere funzionale al nostro io.

 

Elisa, Sanremo 2022

Mi sono resa conto che questa visione non è così scontata con Sanremo 2022.

Sconcertante? Un po’ si.

Sanremo 2022: torna sul palco dopo 21 anni dalla sua partecipazione e vittoria Elisa, ed Elisa veste Valentino.

Elisa, al Sanremo che vinse con Luce

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In tutte le sue esibizioni Elisa arriva all’Ariston in quello che in tanti hanno definito “Total White” anche se in realtà si trattava di un colore quasi panna, in abiti che si assomigliano ma sempre diversi: lunghi pepli che non attanagliano in tagli aderenti ma che la fanno librare, e in flat-shoes.

Roman Stud Flat, Valentino

 

La maggior parte delle persone con cui ho avuto modo di  parlato, ha bocciato i look constatando che l’altezza dell’artista non andasse bene per abiti lunghi, che gli scolli fossero troppo profondi per un seno piccolo, in molti hanno trovato quei look non “valorizzanti”.

 

Alla luce di “Anatomy of Couture” i look di Elisa in Valentino per Sanremo sono qualcosa di potente e magico, che rendono giustizia alla voce interiore dell’artista e che ci fanno arrivare tutte le vibrazioni dell’ anima di una sacerdotessa algida, che balla in preda ad un rito sciamano, ed allo stesso tempo è piantata a terra con quelle meravigliose “roman-stud” ai piedi, e si senza tacco perché lei è libera, libera di portarci tutta la sua energia volando su uno skateboard!.