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Pucci, perchè oggi sarebbe odiato.

Pucci, Firenze e il colore.

Puntando senza dubbio sulla teatralità, Camille Miceli, (dopo aver collaborato con colossi dal calibro di Alaia, Lagerfeld, Marc Jacobs e Ghesquiere, dopo essersi occupata sia di pubbliche relazioni che di creazione di accessori), nuova direttrice del marchio Emilio Pucci, sfila davanti a Ponte Vecchio, e , trattandosi della città simbolo della Toscana per antonomasia e di una maison in cui il colore ha un ruolo centrale, non potevo non scrivere un post.

“La mia passione per il colore che mi spinse a tentare nuove vie…”

Emilio Pucci

Emilio Pucci, mi è mai piaciuto?

Non me ne vogliate, non so come sia possibile, data l’importanza per Pucci del colore, ma a me l’universo delle stampe di Pucci non è mai piaciuto, e anche dopo aver guardato e riguardato i 40 look presentati nella sopra citata collezione Resort 2024 chiamata “Initials E.P.” questa mia avversione e senso di non appagamento visivo è persistente, come persistente il mio disappunto nel non riuscire a comprendere il perché…

Immagino che dopo questa premessa vi starete chiedendo perché allora scriverci un post, e questa è senza dubbio una domanda più che lecita.

Questo post è mosso dal fatto che la moda è un codice, una dimensione, una tela o pagina bianca  attraverso cui esprimersi: se a volte il messaggio non arriva non è colpa dell’autore, ma dello spettatore che se ne sta lì impalato come un baule vuoto senza conoscere la retrospettiva che poi è la chiave per comprendere e farsi toccare dall’intero lavoro del couturier o della maison in questione.

Pucci con le sue fantasie mi ha sempre lasciato contrariata, le ho sempre trovate caotiche ma forse l’agitazione che ho sempre avvertito è un segno che il tratto psichedelico, abbinato ad esotismo e una grande ricerca dei materiali e dei tessuti ha lasciato il segno, ha colpito e ha causato una reazione, benchè avversa o disturbata.

Un marchese che diventò Couturier

Il marchese di Barsento Emilio Pucci, è noto come “Il Principe delle Stampe” e negli anni di attività ha codificato colore per colore una sua vera e propria Palette di oltre 80 nuances e combinazioni tali da poterne racchiudere addirittura fino a 16 in un’unica fantasia.

” Se provate a mettere insieme fiori di un colore diverso vi accorgerete che in natura nessuna tinta sta male con l’altra, che il giallo e il rosso, o il rosa e l’arancio non sono un pugno in un occhio, basta saperli combinare con armonia, ignorando ogni tabù. I pittori del Trecento e del Rinascimento usavano colori puri e lo avevano capito benissimo (..) per questo amo documentarmi continuamente, per trovare nuove soluzioni cromatiche e nuovi motivi grafici” Emilio Pucci

Un trip senza LSD

Le fantasie di Emilio Pucci, pioniere della moda italiana degli anni 50, si ispirano alla Pop Art, sono colorate e caleidoscopiche, sono un Trip senza LSD: uniscono all’esotismo dei pantaloni modello Harem (oggi forse parleremo, e io aggiungo giustamente, di appropriazione culturale forse…) le stampe che propongono stemmi del Palio di Siena o dei Carretti Siciliani.

Tutto senza mai dimenticare la centralità dell’utilizzo e la scelta dei tessuti e materiali, infatti è grazie a Pucci che abbiamo il Jersey di Seta, mai visto prima, questi inventa l’ EMILIOFORM: un tessuto elastico di shantung di seta comodo e leggero con cui Linda Evangelista sfilava ricoperta in catsuit.

 

Antesignano delle applicazioni: già nel 1962 realizzava ricami con Swarovski e negli anni ’60 Pucci è un must tutte lo vogliono indossare da Jacqueline Kennedy a Marilyn.

Un esempio di Anti-Self-Made-Man

Oggi, all’ epoca dei Social, in cui tanti imprenditori si fregiano di quello che alcuni giornalisti hanno ,giustamente, definito “capitalismo magico”, (Serena Mazzini) cioè quella auto-narrazione studiata a tavolino per cui tutti si sono fatti dal niente, sono ex piccole fiammiferaie, che se vuoi puoi.

In realtà  a guardare bene e ti rendi conto che quella era una bella storia creata a puntino  e raccontata solo per raggiungere un target o un posizionamento specifico. Quando si va a vedere è palese che tali personaggi proprio dal niente non sono partiti, perché purtroppo fare impresa non è poi così semplice o scontato e che no, spesso anche se vuoi e vuoi tanto, non puoi.

Se vuoi non sempre puoi: questa è la triste realtà dei fatti e a volte dirlo un po’ più palesemente sarebbe giusto perché diminuirebbe la frustrazione ed il senso di fallimento che il “la bella fiaba del capitalismo magico” spesso genera.

Stando a questa premessa, oggi forse Emilio Pucci ci rimarrebbe antipatico e sulle p****, perché non vedo cosa potremmo raccontare di un uomo nato marchese in una famiglia ricchissima, che è finito a fare il couturier e ha messo su un impero per il suo talento. La sua prima collezione uscì ad esempio, con il solo nome Emilio, perché non si doveva sapere fosse proprio lui:  il marchese dirà per spiegare l’omissione del cognome: -sa, nella mia famiglia sono il primo a lavorare-.

Il privilegio non è per forza Colpa

Come se poi nascere con un privilegio, fosse una colpa, o  per forza identificativo di mancanza di capacità: Emilio Pucci  è la dimostrazione di chi si è reso conto della sua fortuna e ha investito tutto il suo talento e le sue energie per fare del suo meglio, e ad oggi, credo possiamo affermare tranquillamente che ci è riuscito, e anche molto bene. Soprattutto nell’Occidente siamo pervasi e invasi da questa perenne sindrome dell’impostore in cui dobbiamo sempre sentirci in colpa, in difetto o sbagliati.

Dallo Sci all’ Apollo 15

Emilio Pucci, il marchese di Barsento, è un grafico, ha studiato in Oregon ed è stato nell’aeronautica ,lavora come Designer e, visto che se la passava male, era solito frequentare ambienti mondani come quello delle piste da sci in cui attratto dalla passione del colore, disegna e fa realizzare per puro diletto, una tuta da sci per una sua amica che poi verrà fotografata e pubblicata sulla rivista “Harper Bazar”. Da lì nascerà tutto.

Nella sfilata Resort 2024, si punta alla Luna, e non perché il chiaro di Luna sull’arno sia romantico, ma per tutto un altro motivo, molto più potente per me.

Avete presente il LOGO della Nasa, quello che avrete visto stampato su un innumerevole quantitativo di baseball cup e t-shirt, ecco quel logo è stato disegnato nel 1971 per la missione APOLLO 15 proprio da Emilio Pucci.

Gioielli per tutto il corpo

Da sempre presenti nelle collezioni di Pucci, anche nella “Initials E.P.” troviamo i gioielli indossati sul Total Body, e io, nonostante il mio amore smisurato per gli accessori, proprio come nel caso delle fantasie in stampa, continuo a non capirne bene il senso.

Tute impreziosite da catene che ripercorrono con l’intera silhouette a cui io trovo molto più interessante una cascata di perle o catene di Chanelliana memoria, perché trovo più disarmante l’iperbole di qualcosa che si è sempre visto, a volte anche dato per scontato piuttosto che la ricerca ossessiva e ad ogni costo dello sbalordimento. Ma forse è proprio questo quello che si vuole provocare con le stampe e il mondo di Pucci, e allora avverto che con me un po’ ci è riuscito.

Dico un po’ perché non ci vedo niente di rottura o di davvero provocatorio, o forse semplicemente perché sono una rompip*****.